Paola Turroni

da Il vincolo del volo

 

Ogni ramo è un’esca
per il mio volo zoppo
sto qui adesso, un merlo sul tiglio
ali dritte, segnate di penne
come righe ostinate
vogliono stare storte.
Adesco sorrisi
dal ramo e poi scendo
briciole prescelte in ricompensa
un’ala sul dorso, e un’ala
in mano, mentre il gatto urla
un amore ingovernabile.
La finestra prende
forme da fuori
come il pongo di un dio
rimasto bambino,
la resa di una terra
è il vincolo del volo.

 

Cambio pelle sui sassi e lascio
squame con cui hai dipinto
l’annuario delle mute,
perdo piume sul ciglio
e il rumore che fanno
cadendo, sa di pioggia e vino.
Ti chiedo un solco
di voce per ascoltare
lingua che torce
in balía del braccio
l’aratro nel ventre
ti cerca e confonde.


 

Sono un’impronta dispari
una medusa sul braccio
le gambe trattenute sulla sedia
sono una richiesta
e un tentativo
di cambiare penicillina
sono la luce sotto il lenzuolo
il cestone rovesciato sul tappeto
sono le Alpi
sono il tuo gioco
detto così, tutto d’un fiato
uno scalpo di Cassandra
appeso sotto lo spioncino.


 

Le due che sono non hanno
memoria reciproca
ho imparato a fare
suffragi di maniera
mi sono ritirata
dalla zona franca
sto dall’altra parte
dell’onestà di me
una capriola rincorsa
sul letto che da bambina
non potevo fare.


 

Cerchio femminile di generazioni, chiudo
con sterilità violenta
le guardo, ma non riconosco
niente di mio
le amo, piene di vita
pesante e perfetta
io che non so fare largo
con il seno.
Di lei so la voglia di una nave
un impero di fame
procurata con abbondanza
e regole di sangue, se era lei
a toccare con mano
i fianchi.
Di te non so quanto era vuota
la valigia su quel treno
dove lei non è arrivata, hai costruito
pazienti letti, sono
le tue rotture
a farci saldi –
io nego con silenzio
condiscendenza.

 

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